Il ruolo sociale del rugby inclusivo

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IL RUOLO SOCIALE DEL RUGBY INCLUSIVO
di Maurizio Barberis, giornalista

Presidente del Chivasso Rugby Onlus e referente per l’Italia di IMAS, Enrico Colzani ha fatto dell’inclusione attraverso lo sport una missione di vita.

Una massima – tra le molteplici che la letteratura ha regalato sul rugby – recita che “chi è potente sfonda, chi è piccolo si infiltra e chi è guizzante corre. In una squadra di rugby c’è posto per tutti.” Ed è proprio quel – c’è posto per tutti – che ha spinto Enrico Colzani, 45 anni, a coltivare con passione ed entusiasmo la cultura dell’inclusione attraverso lo sport ovale. Colzani è anche referente per l’Italia dell’IMAS (International Mixed Ability Sport), che dal 2015 si occupa di promuovere la piena integrazione delle abilità nello sport di base superando barriere fisiche, culturali e di handicap: “L’Imas è una charity – esordisce – che dal 2015 si occupa di diffondere attraverso il modello mixed ability, l’inclusione sociale nell’ambito dello sport. Si avvale del sostegno di persone che arrivano esperienze culturali diverse: filosofi, storici, medici sportivi, manager. Il nucleo originale è nato in Inghilterra dalla mente di Martino Corazza e Marc Goodwin, due carissimi amici che mi hanno subito coinvolto. Da cui l’idea di mettere in piedi un progetto di inclusione sociale che potesse essere valido per tutti” Quale scelta migliore quindi se non il rugby, sport inclusivo dove c’è posto per tutti: “Esattamente. Siamo partiti dai valori del rugby, ragionando sulla pratica e sul fatto che su un campo di rugby, qualsiasi esso sia, si può veramente fare inclusione sociale. Il rugby racconta di valori universali e inclusivi; la nostra sfida è quella di metterli in contatto con un mondo fatto di persone che soffrono l’isolamento, la solitudine di un handicap e dimostrare come le due cose, possono stare insieme dando vita a un mix scoppiettante.” Tutto ciò non può prescindere dal coinvolgimento delle famiglie… “Per noi è fondamentale. Lavoriamo tanto con le famiglie e per le famiglie e in alcuni casi, con delega, al posto loro. Ci sono problematiche che le famiglie non possono affrontare da sole, come quello della corporeità dei ragazzi che spesso li porta a sfogare energie represse.” 

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