Le interviste di Sabrina Gonzatto: Dario Arrigotti, Console Onorario dell’Ucraina in Piemonte

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LE INTERVISTE DI SABRINA GONZATTO: DARIO ARRIGOTTI, CONSOLE ONORARIO DELL’UCRAINA IN PIEMONTE
di Sabrina Gonzatto, direttore responsabile “L’AIEF, cultura e solidarietà”

Dott. Arrigotti, che cosa significa oggi essere il console onorario dell’Ucraina?
Il nostro impegno quando venne aperto il consolato onorario nel giugno del 2019, era rivolto ad attività culturali, di relazioni pubbliche, di organizzazione di eventi come la festa nazionale dell’Ucraina. Un buon lavoro che si è interrotto nel febbraio del 2020 allo scoppio del Covid. La pandemia e il lockdown hanno cancellato i nostri progetti e a parte qualche aiuto di urgenza ai cittadini ucraini in arrivo qui da noi, abbiamo dovuto attendere che la situazione legata all’emergenza sanitaria migliorasse; infatti proprio con il Museo Nazionale del Cinema avevamo in programma una rassegna di film contemporanei ucraini prevista per l’inizio del 2022. 
A seguito dell’invasione cruenta dell’Ucraina è iniziata per noi una fase nuova. Non eravamo attrezzati. Da una volontaria siamo passati, per fortuna, ad una dozzina di persone che si occupano con dedizione e bravura encomiabile, di aiutare coloro che arrivano dall’Ucraina e che devono essere accolti nelle strutture messe a disposizione dalla Protezione Civile ma anche e soprattutto di accompagnarli in questura fornendo un servizio di traduzione. Stiamo parlando di 12 mila rifugiati arrivati in Piemonte ed io mi occupo di ciò che avviene nella nostra città. Senza le volontari non potremmo fare niente.

Come è cambiata la sua vita dal 24 febbraio 2022?
Domanda impegnativa. La mia vita è molto cambiata. Dal punto di vista professionale è diventata una occupazione a tempo pieno. Nel 2015 avevo terminato il mio lavoro full time, iniziando a collaborare con alcune istituzioni come la Città di Torino, la regione Lombardia, la Compagnia di San Paolo. Oggi mi trovo nuovamente preso da riunioni, incontri con enti pubblici e privati. L’emergenza richiede una mia presenza che non può essere sporadica. Dal punto di vista emotivo, il prezzo da pagare è ancora più alto. Le sofferenze del popolo ucraino che non conoscevo – sono stato scelto sulla base delle esperienze maturate in ambito diplomatico – mi hanno toccato profondamente. Ciò che mi sconvolge è la reazione di alcuni nostri connazionali – che probabilmente ignorano la storia del rapporto tra Russia ed Ucraina – che si permettono di mettere in dubbio ciò che avviene in quei territori. Alla Russia si deve la violazione del Trattato di Budapest nel 2014 – il 5 dicembre 1994 poco dopo il crollo dell’Unione sovietica, l’Ucraina rinunciò al nucleare; 1900 testate nucleari vennero inviate in Russia per lo smantellamento, dopo aver ottenuto garanzie da Russia, Stati Uniti e Regno Unito, successivamente da Cina e Francia, per la sua sicurezza, indipendenza ed integrità territoriale (ndr). Desidero ricordare che il Dombass è una regione dell’Ucraina, come la Lombardia lo è dell’Italia. Addossare le colpe all’Ucraina è frutto di una profonda disinformazione che non rispetta le morti di innumerevoli civili inermi. 

L’incontro con AIEF
L’incontro con AIEF è stato un raggio di sole in una situazione apocalittica. Un mio caro e stimato amico, l’avvocato Villarboito ne è stato il tramite e Tommaso Varaldo, di cui Alberto mi aveva intessuto le lodi, l’ho conosciuto al telefono. Non sapevo niente di lui. Ho apprezzato molto ciò che fa attraverso la Fondazione ed è per questo che come consolato ne sosteniamo le attività.

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